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«La riflessione non va oltre lo stato preliminare. Non si riesce a vivere oggettivamente il mondo attraverso il paragone, ma solo uscendo da se stessi, concedendo a se stessi di precipitare.» Anselm Kiefer

Dieci dicembre – George Saunders

Dieci Dicembre - Saunders

DIECI DICEMBRE
George Saunders
Traduzione di Cristiana Mennella
Minimum Fax 2013 

(+ Teoria della Sovrumana Inutilità delle Classifiche Giornalistiche)

Di nuovo mi sono fatto convincere dalle sirene di Minimum Fax, che in quanto a sirenare ci sanno fare senza cadere nel bieco piazzismo porta-porta o nel becerume pubblicitario da inserto culturale del fine settimana, di questo bisogna dargliene atto. Come per Il commesso di Bernard Malamud (bellissimo), ho pensato “Massì, proviamo” (io parlo sempre al plurale quando parlo da solo rivolto a me stesso e non per puzza-sotto-al-nasismo da plurale maiestatico, ma per banale dissociazione di voci che si bisticciano e non sono mai d’accordo tra loro, per cui io sono un noi, sono un riflessivo corale, se così si può dire, una non-libera associazione di litigiosi).

Poi c’era anche il solito tormentoso motivo del fioretto buonista nei confronti degli scrittori americani contemporanei coi quali ho in atto la già più volte citata tregua armata precaria e sempre sull’orlo di finire male; George Saunders lo è uno scrittore americano contemporaneo e quindi andava bene anche per questo.

MA…

se volete che proprio vi dica la vera verità ultima e veritiera, il motivo per cui ho letto Dieci Dicembre sono state le due classifiche di fine anno pubblicate dagli inserti culturali di Repubblica e del Corriere della Sera, in entrambe le quali compariva Dieci dicembre di George Saunders.

(momento di silenzio carico di tensione)

Calmatevi tutti e soprattutto tutte. Lo so che avete sgranato gli occhi e iniziato già a borbottare parole che non sta bene dire in pubblico o che avete iniziato a domandarvi se sono impazzito, imborghesito, rincoglionito, innamorato, drogato, malato o semplicemente vi sto prendendo per il culo.
Le classifiche di Repubblica e il Corriere? Ma sei diventato deficiente? Ecco, questa immagino potrebbe essere una tipica esclamazione che mi verrebbe rivolta se voi poteste parlare (e sicuramente da una voce femminile che tra maschi dare del deficiente a un altro di solito non si fa, perché si rischia che l’altro risponda “Deficiente a me? Vieni un po’ fuori a dirmelo che così ti spacco la faccia”, mentre a una signora non si dice mai ti spacco la faccia), ma fortunatamente (in questo caso) non parlate e quindi ho mano libera per scorrazzare come mi pare e piace.

Torniamo alle classifiche, perché dico sul serio, sapete, ho trovato Dieci dicembre in entrambe e ho pensato “Sai cosa ti dico? Adesso ce lo leggiamo proprio, che così vediamo se la nostra teoria è vera” (quando nei miei dialoghi circolari mi rivolgo a un pubblico questo è sempre al singolare, cioè voi siete tu, un’entità omogenea e articolatamente fusa in un singolo soggetto astratto (sembra complicato ma non lo è).)

Adesso parlo un po’ di Dieci dicembre, poi torno sulla mia teoria e ve la spiego (ora non sto parlando tra me e me quindi i plurali e i singolari tornano al loro posto normale). A chi la mia teoria non interessa si può fermare dopo il brano tratto dal libro.
Dieci dicembre è un bel libro. Sono racconti, alcuni molto brevi, altri meno, e sono belli, perfino molto belli, in alcuni casi si potrebbe dire geniali. Quindi Dieci dicembre è un bel libro.
Lo ripeto in modo che vi convinciate che sto dicendo sul serio, non c’è trucco non c’è inganno, siori e siore, non dico è bello per fare la sceneggiata che prima dico che è bello e poi alla fine dico che non era vero niente ed è una schifezza. No! È un bel libro, qui lo dico e non lo negherò fino alla fine.

Tra i racconti, Le ragazze Semplica è molto bello, ad esempio, come anche Fuga dall’aracnotesta e pure Dieci dicembre, l’ultimo racconto che dà il titolo al libro. Al Roosten è geniale ed anche Croci lo è. Altri sono divertenti e belli. In generale sono tutti divertenti. George Saunders è ironico, cinicamente ironico come si conviene a chi scrive ironicamente della ridicola vita piena di ridicole frustrazioni, ridicoli sogni e ridicoli capitomboli della piccola borghesia americana che scivola verso una miseria mai vista da generazioni. Non è ridicolo sprofondare nella miseria, capitemi bene, è ridicola la parvenza di buona borghesia difesa con le unghie e con i denti come fosse una religione o la ragion d’essere di ogni cosa. Le storie di Saunders sono una sfilata di poveri sfigati che ridicolmente annaspano come girini in una pozza giusto prima di essere spalati via da un bifolco qualunque.

Tutto questo è molto americano, come al solito, gli americani non riescono a essere, sempre, comunque e a ogni livello, niente di diverso che molto americani. Quasi ogni scrittore americano ha sempre scritto di cos’è l’America, entità mitologica e simbolica tradotta spesso in vite da fogna, lerciumi e strascicamenti. Ne hanno fatto la loro letteratura in forma di commedia all’americana.

E Saunders non fa eccezione essendo egli, probabilmente, non tanto un grande scrittore (imparagonabile a un Malamud, ad esempio, o a un Salinger), quanto un grande caratterista. Il che lo distingue parecchio da molti suoi colleghi che io considero delle nullità (una tra tutti, la celebrata Jennifer Egan) in quanto né scrittori né caratteristi degni di nota, solo dei professionisti dell’intrattenimento leggero. I personaggi di Saunders sono invece splendide interpretazioni di grandi attori caratteristi, delle macchiette, delle sagome, come in uno spettacolo di burattini. È un complimento questo, mica lo sto sminuendo. Anzi. Ripeto: Dieci dicembre è un libro molto bello.
E tanto per aggiungere carne al fuoco, a voi parrà una bizzarria da vanitoso, ma a me George Saunders ha realmente ricordato Niccolò Tucci de Gli atlantici, sia per la caratterizzazione della famiglia e dei bambini, ma soprattutto per il gusto ironico che mostra un lato gelidamente crudele dell’esteta che scatta polaroid della normalità altrui nei suoi momenti di vergogna – al cesso, quando cade, quando gli viene moscio o nell’incapacità esibita davanti ai propri figli – e da queste polaroid sparpagliate ne trae una commedia di genere, un teatrino comico e una tragedia da insetti. Una rappresentazione, insomma, una composizione, un bouquet, un quadro vivente, una esposizione zootecnica.

Comunque. George Saunders è bravo a costruire le storie, trovare la chiave ironica e lo spaccato tragicomico, inventare un modo di parlare dei personaggi, dei tic, delle strampalerie, dei dialoghi da squinternati, delle cadute rocambolesche e dei finali con la luce che si spegne sul riflesso metallico di una pozza di liquami industriali. Sono tutte doti da grande caratterista. George Saunders è scrittore da commedia e da teatrini.

Vi faccio leggere un pezzetto, l’inizio di Croci, poi piombo come un martin pescatore sulla teoria delle classifiche giornalistiche.

Ogni anno la sera del Ringraziamento seguivamo come un gregge papà che trascinava il vestito da Babbo Natale in giardino e lo sistemava su una specie di crocefisso che aveva costruito con un palo di metallo. La settimana del Super Bowl la croce portava una maglia da football e il casco di Rod e Rod doveva chiedere il permesso a papà se voleva riprendersi il casco. Il Quattro Luglio la croce diventava lo Zio Sam, il giorno dei caduti un soldato, ad Halloween un fantasma. La croce era l’unica concessione di papà all’entusiasmo. Potevamo prendere solo un pastello per volta dalla scatola. Una volta la notte di Natale papà sgridò Kimmie perché aveva sprecato uno spicchio di mela. Quando versavamo il ketchup ci ronzava intorno dicendo: Basta, basta, basta. Le feste di compleanno erano a base di merendine, niente gelato. La prima volta che ho portato a casa una ragazza lei mi ha detto: Perché tuo padre ha messo quei due pali in croce?, e io non sapevo dove guardare.

Teoria della Sovrumana Inutilità delle Classifiche Giornalistiche

L’enunciato di tale teoria, come per tutte le teorie profondamente rivoluzionarie, è molto semplice e dice:

Le classifiche dei migliori libri pubblicati in un anno prodotte dagli inserti culturali dei giornali non significano assolutamente nulla.

Il corollario 1 enuncia:

Non significano quindi né che i libri sono buoni né che sono cattivi, né che chi fa la classifica li ha letti né che non li ha letti, né che i libri che ottengono un maggior numero di voti sono preferiti a quelli con un minor numero di voti né il contrario.

Il corollario 2 precisa:

Qualunque conclusione o considerazione o commento o deduzione basato su una Classifica dei migliori libri pubblicati in un anno prodotta da un inserto culturale è contemporaneamente giustificato e ingiustificato, fondato e infondato, credibile e incredibile, interessante e una gran cazzata.

Infine, il corollario 3 conclude:

Nulla significa nulla, niente, nada, zut, ‘na cippa, nothing, zero assoluto, -273 gradi centigradi.

Enunciata teoria e corollari passo alla dimostrazione.

La Lettura - classifica 2013Osserviamo la classifica de La Lettura del Corriere della Sera.

Al primo posto troviamo La verità sul caso Harry Quebert di Joël Dicker, libro edito da Bompiani. Io non ho l’ho letto, ma so che tipo di libro è: un libro ben progettato per un buon successo di vendita. Come molti altri che vendono molto, non tutti, ma molti sì. È un thriller, lungo e banale. Questi sono buoni ingredienti. Poi è stato ottimamente sostenuto dai rispettivi editori, francese e italiano, con un’efficace strategia di marketing in forma di:

– recensioni “autorevoli” entusiastiche (vedi D’Orrico);
– ampi passaggi sui mezzi d’informazione;
– cartelloni formato maxi appesi nella metropolitana di Milano.

Un prodotto industriale al 100%. E i Milano-centrici votanti della classifica del Corriere l’hanno premiato.

In realtà è un libro al più discreto (non a caso Sua Eccellenza Cornelio Nepote, che in queste cose non so come ma sbaglia di rado, per mesi ha cercato di convincermi a comprarlo arrampicandosi di notte sulla testata del letto e sussurrandomi come un demonio notturno “harryquebert… harryquebert… compralo… compralo”, finché io non lo colpivo con un pugno scaraventandolo contro al comodino).

So già l’obiezione: “Non l’hai letto, come fai a dirlo?”
Lo so perché non tiro a caso, non è mica una partita a dadi che per indovinare bisogna per forza tirare a caso o truccare il gioco (se qualcuno dubita di questo, sappia che se ritiene che studiare le uscite dei dadi serva a qualcosa allora deve ammettere che il gioco è per forza truccato, se invece ritiene che il gioco non sia truccato, pensare che studiare le uscite serva a qualcosa è una gran cazzata).
I libri si possono conoscere anche non avendoli letti o almeno, se ne può valutare il peso specifico da molti elementi: la presentazione, il pubblico di riferimento, alcuni commenti, le strategie pubblicitarie per citarne alcuni. Così si sceglie poi senza tirare a caso o, pure peggio, ascoltare i D’Orrico. Questo è quello che faccio io così come tutti i lettori esperti. E tutto sta a indicare che La verità sul caso Harry Quebert sia un libro dal peso specifico leggerino.

Vediamo altri titoli o autori di questa classifica: Antonio Scurati, Khaled Hosseini, Milan Kundera, Michele Mari; tutti nomi molto noti, tutti molto ben pubblicizzati e passati e ripassati sotto gli occhi appannati dei potenziali lettori. Tutti, soprattuto, autori da traino, ovvero autori che vengono acquistati da chi non sa che libro comprare e sceglie tra quei cinque, sei, dieci nomi che ha sentito o che ha letto in precedenza o che i D’Orrico gli trapanano nelle orecchie.
C’è anche Dieci dicembre, testimonianza del fatto che non solo libri da cartellonistica metropolitana ci finiscono. Lo stesso si potrebbe dire per Mari e per Kundera, con la differenza che George Saunders non lo conosce nessuno, quindi non è un autore traino, e Minimum Fax non ha la tradizione confortante di un’Einaudi o l’aura messianica di un’Adelphi.

Perché Dieci dicembre c’è allora?
In buona parte per caso e anche per l’uscita convenientemente posizionata nell’autunno, non troppo presto e non troppo a ridosso delle classifiche. Al momento giusto.
Ma anche per alcune caratteristiche di Dieci dicembre che lo rendono adatto ad essere selezionato:

– è corto (si sa che tipicamente si leggono libri corti, tranne che per i gialli/thriller);
– è di un americano (persiste, per motivi esclusivamente di dominanza culturale e di business, una ipersopravvalutazione della letteratura americana che porta gli autori statunitensi ad avere una visibilità completamente ingiustificata);
– è molto evidente il fatto che sia un bel libro (non occorre alcuno sforzo intellettuale per rilevarne la piacevolezza, l’ironia, l’acutezza e l’originalità).

La Repubblica - classifica 2013Pensiamo ad altri titoli. Ad esempio Non temere e non sperare di Yehoshua Kenaz non compare nemmeno tra gli scarti (compare nella classifica de La Repubblica, che mi sembra frutto di una giuria composta in modo diverso da quella del Corriere). Non possiede nessuna delle caratteristiche favorevoli di Dieci dicembre e nessuna delle caratteristiche di La verità sul caso Harry Quebert nonostante da solo valga dieci di quelle classifiche. Non compare Il commesso di Bernard Malamud (è una ristampa, ma anche L’avversario di Carrère lo è, libro molto modesto, a mio parere, che invece ha avuto diversi voti), altro libro che da solo vale quanto tutta la classifica de La Lettura. Non compare Lauro di Evgenij Vodolazkin, che ha ricevuto scarsissima attenzione, è di un russo, per di più sconosciuto, ma straccia tutti i titoli votati di tre lunghezze. Non compare Commedia in minore di Hans Keilson, che non ha letto nessuno, nessuno ne ha parlato, potrei scommettere che i votanti della classifica manco sanno chi è e ho l’impressione che pure Mondadori che lo pubblica non sappia di averlo pubblicato eppure è internazionalmente riconosciuto come uno dei più grandi scrittori del ‘900 e Commedia in minore è il suo secondo (e penso ultimo) capolavoro. Sicuramente molti di voi avrebbero altrettanti ottimi candidati che strabattono sotto ogni profilo tutti, o quasi, i libri votati.

Finalmente possiamo arrivare alla dimostrazione della Teoria della Sovrumana Inutilità delle Classifiche Giornalistiche.
Chi ha votato, prendo sempre a riferimento la classifica de La Lettura, quanti libri ha letto, mediamente, nel 2013? Diciamo 14, che è una stima assai ottimistica, più probabile che il valore reale sia verso il 10 o meno. Ma diciamo 14. Di questi quanti erano stati pubblicati nel 2013, quindi votabili? Diciamo la metà, quindi 7. Potevano dare 5 preferenze.

Quindi: 7 libri letti votabili, 5 preferenze. In più uno poteva indicare libri anche che non aveva letto, così come io dico che La verità sul caso Harry Quebert è un libro modesto.
Per cui, diciamo che, mediamente, ogni votante sceglieva i 5 da indicare tra un 10-15 titoli al massimo, che più o meno coincide con la media dei libri letti.

Iniziate a subodorare che c’è qualcosa che non va in questa giuria?
Come fanno persone che mediamente leggono 10-15 libri a selezionare i migliori 10 libri dell’anno?
Facile, dirà qualcuno, con l’Intelligenza Collettiva, il Crowdsourcing, la Saggezza della Folla o come la volete chiamare quella cosa lì.
Qua ti volevo. Ti stavo aspettando al varco fin dalla prima parola che ho scritto. Era tutto previsto, tutto calcolato. Adesso ti distruggo.

Chi ha inventato l’espressione Intelligenza collettiva per indicare quella cosa a cui si riferisce è un confuso mentalmente o un truffatore o entrambe le cose.
Piccolo excursus storico.
La paternità dell’intuizione che una folla di ignoranti può produrre una valutazione media molto meno ignorante dell’ignoranza dei singoli si attribuisce a Sir Francis Galton, secondo cugino di Charles Darwin e anche celebre padre dell’eugenetica (bisogna fare attenzione ad attribuire responsabilità morali a questo e a quello, prima leggetevi la storia della Società Eugenetica Americana, poi ne riparliamo). Comunque Galton è pure uno dei padri della statistica e pur essendo persona agiata, come era d’uso nell’Ottocento frequentava le fiere agricole e degli allevatori di bestiame. Succedeva che nella vendita di un bue, un’informazione importante per determinare il prezzo era il peso della bestia, non facile però da misurare vista la stazza considerevole di un bue. Si andava a occhio quindi. E qui entra in gioco l’ignoranza, perché mediamente la gente è ignorante.

Allora, supponiamo di essere alla fiera, io e te e c’è un bue in vendita. Siamo solo io e te come possibili compratori dell’animale. Ognuno di noi due stima a occhio il peso, ma siamo ignoranti quindi sbagliamo di brutto. Assumiamo che il bue pesi una tonnellata. Io dico che pesa 500kg, tu dici che ne pesa 1500. Entrambe cannate completamente. Ma facciamo la media: (500 + 1500) : 2 = 1000kg.

Miracolo! La media delle nostre due valutazioni completamente cannate è il peso esatto della bestia!

Ecco, Galton si accorse esattamente di questa cosa, gli errori potevano essere grandi, ma tanto più il gruppo di votanti era numeroso tanto più facendo la media gli errori tendevano a compensarsi e il risultato si avvicinava molto al peso reale.
Vale con i buoi, col numero di fagioli in un vaso, con le scommesse sportive, talvolta con le elezioni politiche e qualche altra cosa.
Vale solo quando gli errori si compensano. Non vale sempre. Non vale sempre. Non vale sempre. Non vale sempre. E non c’è nessuna intelligenza collettiva, non c’è intelligenza, c’è solo il peso di un bue, che non è intelligente, come tutti sanno.

Allora, secondo voi, la classifica dei migliori libri del 2013 ha qualcosa a che fare col peso di un bue o il numero di fagioli in un vaso? Se dite di sì allora la mia Teoria è falsa, se dite di no la mia Teoria è vera.

La risposta esatta è che non ha niente a che fare col peso di un bue o dei fagioli, niente, nulla, nada.
Semplicemente i risultati delle classifiche dei migliori libri votati da una giuria sono di due tipi:

– casuali;
orientati dalla pubblicità/passaparola/visibilità di un libro.

In nessuno dei due casi la qualità di un libro c’entra qualcosa. E infatti, il Corriere commenta:

L’aspetto più interessante scaturisce da una certa sintonia tra la classifica 2013 de «la Lettura» e la Top Ten dei libri campioni di vendite di quest’anno. In particolare la convergenza è proprio sul romanzo di Dicker, che è risultato una delle letture più popolari del 2013, la quinta assoluta, meritandosi sul campo il titolo di bestseller.

Ha ragione, è l’aspetto più interessante, ossia: non sono i libri migliori ad essere anche i più venduti, ma sono i libri più venduti a finire di preferenza nella classifica dei libri migliori. Prima vendono molto e poi vengono considerati i migliori.

Questo hanno fatto tendenzialmente i votanti della classifica de La Lettura (e penso qualcosa di simile per le altre classifiche apparse) e non potevano fare altro perché tendenzialmente i 10-15 libri che leggono o che conoscono e che quindi votano li scelgono esattamente in questo modo: quelli che vendono di più, quelli più pubblicizzati, quelli di cui hanno sentito parlare da altri che seguono esattamente lo stesso criterio di scelta, e quelli di cui vedono il maxicartellone in metropolitana a Milano (non a caso nella classifica de La Repubblica, La verità sul caso Harry Quebert nemmeno compare, probabilmente i votanti, più Roma-centrici, i maxicartelloni in metropolitana non li hanno visti).

Tutto ciò è da un lato triste e da un lato ridicolo, come quelli che credono alle classifiche.
In ogni caso, Dieci dicembre, se ve lo foste dimenticati, per me è un libro bello.

5 commenti su “Dieci dicembre – George Saunders

  1. LiberDocet (@LiberDocet)
    8 febbraio 2014

    sofri e d’orrico sono tutto fuorché degli intellettuali. concordo a considerarli come dei promotori di caffè in cialda: hanno lo stesso sguardo triste e gli stessi maglioni infletriti.

    • 2000battute
      10 febbraio 2014

      mi piace l’immagine dei maglioni infeltriti.

  2. 2000battute
    19 gennaio 2014

    E poi ci si mettono anche i Sofri a decretare “la morte del libro”, senza che l’idea di essere ridicoli nella loro supponenza e superficialità li sfiori e l’assurdo è completo.
    (forse è anche un po’ ridicolo che io me la prenda con la pubblicità e probabilmente WordPress abbia infilato qui sotto o qui sopra, non so io non lo vedo, un banner pubblicitario, ma questo è il prezzo per usare gratis i loro servizi)

  3. Transit
    19 gennaio 2014

    Interessante il discorso sulle classifiche dei due giornali “più venduti” sul territorio nazionale. A parte qualche libro del tipo Dieci dicembre come rilevi tu che si intrufola di stramacchia, ma “la gente”, noi e quei quattro altri scafessi che libri leggiamo se le classifiche sono artefatte dall’industria e da critici accattati? La lettura è come il cibo, credo. Siamo quel che mangiamo e perciò quel che leggiamo. Se leggiamo, – anche perché è la maggioranza dei cittadini italiani, da nord a sud, – roba industriale, come la famosa battuta sul rapporto e sull’amore della “bottana industriale” del film della wertmuller, di conseguenza non possiamo che essere industriali e (non)pensare industriale. Intanto se guardiamo al sud italia le industrie se la sono date a gambe levate, col permesso e il consenso dei vari governanti e l’intera classe politica italiana, eccetto qualche resistente. Insomma: liggimmo munnezza industriale? Cosa fare? Come minimo leggere 20000battute e blog affini e simili, per contenuti e critica. Senza dimenticare il discorso e i consigli dei libri dispersi. Ma se son dispersi e più che utili ed essenziali, come si fa a procurarseli se non li ri-editano più? Si potrebbe organizzare una catena di libri dispersi(chi li possiede ancora)da prestare o cose del genere.

    • 2000battute
      19 gennaio 2014

      Grazie Transit, come sempre.
      Questo delle classifiche (e in generale dei suggerimenti forniti dagli inserti culturali o non culturali dei quotidiani, delle riviste e dei media) credo sia una parte del problema italiano.
      Escono 30.000 titoli all’anno (o 60.000? non so, comunque un’abnormità senza senso), a leggere i commenti più visibili, o anche solo i commenti su Twitter, siamo sommersi da capolavori a getto continuo e poi succede che un gruppo di stimabilissimi intellettuali, giornalisti, scrittori decreta, non per colpa loro, che il libro migliore dell’anno è quello che infestava la metro di Milano con i mega-poster.
      C’è qualcosa di profondamente sbagliato in tutto questo, c’è la svalutazione della critica o dell’apprezzamento argomentato e informato a favore di una costante pubblicità di prodotti industriali (i D’Orrico sono ormai dei promotori da supermercato) in un contesto però assurdo, come se al supermercato esistessero 3000 marche di succhi di frutta, 1500 detersivi per piatti e 10000 tipi di marmellate, peggio di un film dell’orrore, sarebbe la morte di qualunque supermercato.
      È un delirio da uffici marketing impazziti e il peggio è che le molte persone (perché io sostengo siano molte), potenziali lettori, sono triturati da questo caos e reagiscono come si reagisce sempre al caos: stando fermi senza far niente oppure facendosi trascinare dalle correnti oppure brancolando a caso.
      Risultato: mercato editoriale italiano pressoché al collasso, editori sull’orlo del fallimento e librerie di catena già fallite che tentano di riciclarsi come bistrò o negozi di alimentari o venditori di gadget elettronici.
      Se c’è una luce la si trova solo nelle nicchie, per me, nei gruppuscoli, nelle piccole librerie che si inventano iniziative o (e qui mi copro il capo di cenere per l’immodestia) nei piccoli blog come il mio (non quelli che si sruffianano gli uffici marketing degli editori e che poi gli stessi editori votano nelle classifiche dei blog migliori dell’anno) che fanno quello che fa una piccola libreria: continuano nonostante tutto a creare un tessuto sociale e una comunità, piccola, locale, ristretta, insignificante per le statistiche, ma vitale e dove ancora pulsa il piacere per la lettura e per i libri senza le fesserie da industria culturale e l’uragano della pubblicità.

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