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«La riflessione non va oltre lo stato preliminare. Non si riesce a vivere oggettivamente il mondo attraverso il paragone, ma solo uscendo da se stessi, concedendo a se stessi di precipitare.» Anselm Kiefer

Nel mondo a venire – Ben Lerner

nel mondo a venire

NEL MONDO A VENIRE
Ben Lerner
Traduzione di Martina Testa
Sellerio 2015

Sapete com’è con l’arte contemporanea? Voglio dire, come va, come ci si approccia, le reazioni a volte allergiche altre volte mistiche, in alcuni casi l’estasi simbolica embolica estatica che trasfigura, più spesso la montagna di abominevoli stronzate che viene evacuata sotto l’etichetta di “arte contemporanea”? E la tribù urbana che su quella montagna ci prospera, parla, straparla, si atteggia, posa, si agghinda, conversa, amabilmente – si capisce – l’arte contemporanea come arte del conversare dell’arte contemporanea agghindandosi da partecipanti ad happening, vernissage, ritrovi tribali da isolani annoiati, aspersi con essenze di bagnoschiuma cremosi misti a lozioni per capelli ondulati o ricci e profumi al pachouli e agrumi della costiera amalfitana, poggiati su suole colorate di blu o di verde, giallastre o lilla, fondamenta di calzature dai pellami trattati da mani sapienti ancorché adolescenti e gambe oliate e gibbose per le escrescenze muscolari sorte dal persistente lavoro in palestre dove si mescolano sudori e musica con guaine che scolpiscono i culi e canottiere che liberano ascelle depilate e petti rigonfi di silicone. Avete presente la quantità di droga e depressioni da ricchi schiavi dell’assenza di senso del mondo moderno che ha fatto di sé un perpetuo happening malinconico e tardoromanico?

Vi è mai venuto il dubbio di essere tutti quanti nient’altro che comparse slogate di una installazione permanente di arte moderna? Litografie di scatole, modelli in fibra di vetro di bambole gonfiabili, erezioni di gomma colorata? Siamo quello che crediamo di essere. Il problema sono le credenze, da sempre. Non l’essenza. Cartesio è stato il più folle tra i filosofi folli. Il pazzo di Torino il più lunatico e preveggente; aveva guardato lontano e visto il Novecento. Il secolo dell’arte contemporanea, questo eterno presente strisciante che quando si coagula in immane tragedia riesce a trovare una definizione di sé, altrimenti invecchia come una megera decrepita che assurdamente rivendica l’atemporalità della propria carne a brandelli.

Sapete, il genio dell’arte contemporanea non sta tanto nei miliardari buffoni, i Koons, i Cattelan, questi favolosi saltimbanchi che hanno sequestrato il concetto di arte per farne pastura per i porci, no, questi sono gli interpreti migliori, sono i campioni, ma non ne sono i Creatori. I Creatori, i Padri, i Signori, le Sorgenti dell’Arte Contemporanea, forse quei geniali profanatori di pisciatoi, forse i cubicultori, forse gli imbianchini concettuali, non so, chiunque siano stati gli Zeus dell’arte contemporanea, ebbene queste divinitaà plutoniche hanno compiuto un miracolo: hanno reso l’arte finalmente democratica: ad ognuno secondo necessità, da ognuno secondo possibilità: arte da soviet e kolchoz, arte per ogni midwest americano o moderno medioevo europeo, arte per tutti e a portata di nessuno: chiunque può dirsi artista contemporaneo, chiunque può evocare per sé l’origine dell’invenzione, chiunque, finalmente, può essere Creatore. Arte liberatoria del vacuo e dell’assenza di colore.

L’arte contemporanea ha reso l’uomo borghese un Dio. Questo è il miracolo che penetra fino alle fondamenta del paradosso epistemologico, rivela la follia cartesiana e la inevitabile putrefazione di ogni organo vitale. Che avrò voluto dire? Scommetterei i miei ultimi due soldi d’argento su “Niente”.

Ben Lerner, che in fondo io ammiro e detesto in egual misura, con convinzione e simpatia, ha scritto, o forse inaugurato, ma certo, ha proprio inaugurato la nuova Letteratura Contemporanea; una costola, ma più che una costola, io direi un’escrescenza tumorale dell’arte contemporanea in forma di parole e storie, la Grande Svendita dell’Arte del Romanzo otto e novecentesca, Saldi&Ribassi, dimenticate signore e signori il Romanzo: il romanzo è ormai morto più e più volte, ma ora, finalmente, sulle sue spoglie non soltanto ci pisciamo come quotidianamente facciamo, ma  possiamo farne terreno fertile per crescere una nuova specie: il Romanzo Artistico Contemporaneo, il fenomenale figlio bastardo di una notte d’amplesso tra la psicopatologia sociale e l’arte simbolica concettuale. Signore e signori pensate che stia scherzando? Avete colto nel segno, infatti non sono serio, solo un pivello cartesiano potrebbe credermi serio, eppure non sto mentendovi, io lo penso, anzi lo so. Anzi Io So.

So che Ben Lerner è un pioniere dell’ultima epoca dell’eterno presente che si sta dissolvendo in un brodo organico nel quale nuotano vermi anfibi dotati di branchie e zampe con dieci dita prensili e pollice opponibile. Noi stiamo morendo. Come specie animale intendo. Ogni zoologo lo sa. Come cultura. Ogni filosofo lo sa. Come coscienza di noi stessi. Ogni prete lo sa. Ci stiamo atrofizzando e rotolando tra gli spasmi proprio come fa un lombrico quando viene estratto dalla terra buia. Ci contorciamo nelle nostre paure e ansie e attacchi di panico, drogati di oppiacei, antidepressivi e religioni borghesi. Ognuno di noi lo sa.

Il nostro mondo sta morendo. Il sole tramonta da tempo, ora abbiamo raggiunto il crepuscolo. Abbiamo distrutto il pianeta dove siamo vissuti per poco, qualche decina di migliaia di anni al massimo. Noi siamo irrilevanti e ce ne stiamo accorgendo. Per questo esiste un Ben Lerner che scrive un libro come 10:04, esatto, 10:04 è il titolo originale ed è una presa per il culo, è un titolo a uso e consumo di sciocchi: è l’ora del ritorno al futuro nel filmetto adolescenziale omonimo. Nel mondo a venire, il titolo italiano, è insignificante proprio perché pretende di avere un significato, di essere evocativo… nel mondo a venire… avremo… saremo… accadrà… come sarà il mondo a venire? Signore e signori di belle speranze, Ben Lerner ci sta dicendo che il mondo a venire è 10:04, una presa per il culo, un film di Hollywood, una storiella per ragazzini, una finzione, una caricatura, è arte moderna dove tutto è possibile: l’insensato pretende di avere senso, L’assenza di arte si ammantella di artisticità, la spazzatura si profuma, il borghese si fa principe e il principe si suicida. Il mondo a venire, questo, se credete a me, dice Ben Lerner nel suo libro privo di senso, accartocciato, pretenzioso, deprimente e ansiogeno, cosa dice Ben Lerner? dice che il mondo a venire è il mondo peggiore che si può immaginare, l’incubo che non vorremmo mai sognare, è l’inferno che sappiamo che ci attende ma noi da bravi psicanalizzati fingiamo di non conoscere perché ci hanno insegnato che la perifrasi non è altro che il riflesso dell’egocentrismo. È ovvio che questa frase non ha senso.

Il mondo a venire è quasi uguale al mondo attuale, questa è la tragedia; cambia qualcosa, cambiamenti impercettibili, che ci condannano senza appello a ciò che conosciamo. È il mondo del tutto noto, del tutto presente, del tutto che si ripete sempre pretendendo di essere originale. È arte contemporanea, è letteratura contemporanea.

Ben Lerner forse è un grande scrittore, ma potrebbe anche essere soltanto l’ennesimo aspirante suicida che ha trovato come sfogare le proprie repressioni e guadagnare quel che basta per drogarsi a volontà in un bicromatico appartamento di Brooklyn. Stravolge la forma, ma senza esagerare, eccede, ma solo a tratti. Scombina la forma tipica del tipico romanzo americano per il lettore medio americano. Lo stronzo medio americano, in altre parole, mediamente migliore, sotto alcuni punti di vista, ma non tutti, e non sarete tutti d’accordo, dello stronzo medio europeo. In ogni caso Lerner Ben è anche, suo malgrado, uno scrittore ancora incasellato dal canone del mercato editoriale che impone la descrizione di feste tossiche e protoesistenzialiste, quel tanto che serve di prospettiva ginecologica e la riflessività del racconto destrutturato. Io, lui, Ben, l’Autore, il Lettore, lo Scrittore e lo Scrivano non sono più ruoli ben definiti. Questo è tutto quel che ho da dire riguardo la trama. Sono ruoli, appunto. Per definizione artificiali.

Nel mondo a venire, a modo suo, è un libro importante, perché è il manifesto dell’Arte del Romanzo Contemporaneo, è intriso del respiro mozzo e saturo tipico dei disturbi gastroesofagei della nostra società, è l’ansia trattata con psicofarmaci che ci affligge e illude di essere vivi nonostante la nostra conclamata inadeguatezza di macchie su una tela imbrattata.

Se volete leggere commenti più istruiti e comunicativi di quanto ho prodotto io, mi premuro di suggerirVi l’egregio contributo di Liborio Conca e quello ancor più egregio di Cristiano de Majo.

2 commenti su “Nel mondo a venire – Ben Lerner

  1. karenina
    5 Maggio 2015

    Gran bel commento, sono molto perplessa dopo la lettura del libro, che se non si può liquidare come puro esercizio di scrittura creativa, mi ha infastidito a tratti per quell’essere sempre sopra le righe, alla ricerca dell’effetto, con quei ritorni di parole e temi da pezzo musicale (sarà che l’autore viene dalla poesia?) Ora vado a leggere gli interventi che suggerisci, o eri sarcastico? grazie

    • 2000battute
      5 Maggio 2015

      no, no, i commenti che suggerisco sono ottimi commenti, aiutano sicuramente nel cercare di farsi un’idea di Lerner (che a me ancora manca)

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Questa voce è stata pubblicata il 28 marzo 2015 da in Autori, Editori, Lerner, Ben, Sellerio con tag , , , , .

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