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«La riflessione non va oltre lo stato preliminare. Non si riesce a vivere oggettivamente il mondo attraverso il paragone, ma solo uscendo da se stessi, concedendo a se stessi di precipitare.» Anselm Kiefer

Rigodon – Louis-Ferdinand Céline

RIGODON
Louis-Ferdinand Céline
Traduzione di G. Guglielmi

Einaudi 2007 

Céline. Quando prendo in mano o anche solo guardo la costa di un libro di Céline, il mio primo pensiero è “Céline.” il nome, solo quello, tanto basta per aprire la diga delle sensazioni convulse: timore, deferenza, rigetto, adorazione, amore, inconoscibilità, distanza siderale, buio.

Louis-Ferdinand Céline è il grande Male della letteratura del Novecento, il cuore di tenebra del continente nel quale inoltrarsi, giungle e acquitrini putridi, malarici, tutto per avvicinarsi a lui, il folle, il forsennato, il repellente Céline, l’antisemita, il nazista, il collaborazionista, il razzista, il nichilista, il sommo disprezzatore del genere umano, intento a rimestare il brodo di vermi che bolle nella pancia degli uomini.
Ma anche maestoso e sublime come nessuno, grandissimo tra i grandissimi, ineguagliabile e ingiudicabile, incarnazione dell’orrore del Novecento e per questo capace di vette di bellezza letteraria uniche.
Céline, seduto nel suo regno solitario.

Céline fa del male ai lettori che gli si avvicinano. Coscientemente li dilania quanto più essi vengono attratti da lui. Soprattutto con i due grandi romanzi anteguerra, Viaggio al termine della notte e Morte a credito. Un personaggio omerico, lo si potrebbe forse definire.

Ma mai realmente si svela, fino a quest’ultimo, Rigodon, che la storia narra abbia terminato di scrivere la mattina del primo luglio 1961; ne diede prima notizia alla moglie, poi all’editore Gallimard, insultato da Céline come di consuetudine, usuraio, truffatore e vecchio maiale sono gli epiteti che le cronache riportano. Nel pomeriggio dello stesso giorno, Céline muore lasciando questo scritto che è un memoriale più che un romanzo, un testo inconcepibile se non da quel genio farneticante, inimitabile e fuori da qualunque canone noto.

Rigodon è la storia della fuga di Céline, la moglie Lili e il gatto Bébert attraverso la Germania devastata dalle distruzioni e le fiamme delle bombe al fosforo per raggiungere la Danimarca, dove aveva trasferito i propri averi, che non ritrovò e dove venne incarcerato per due anni, fino all’amnistia.
È una storia stravolta, delirante, onirica e ipnotica alternata a momenti nei quali Céline si trova nella sua casa parigina, isolato, barricato, assediato da giornalisti e intervistatori che vanno a cercare il “Maeeeeestro!” e verso i quali vomita il suo disprezzo farneticante per i cinesi, gli editori, gli stessi giornalisti che lo intervistano e il popolo, in una frenesia verbale scossa da follia e lucidità.

Ma non prestate troppa fede a queste parole scarne per immaginare cosa sia Rigodon, perchè non riescono neppure a tratteggiare la dimensione del male che vi è narrata. È demoniaca la rappresentazione che Céline fa emergere, descrivendo l’orrore che lui stesso rappresenta, l’orrore dei vinti e dei vincitori, l’orrore dei vecchi e dei bambini e degli uomini e delle donne, l’orrore dei tedeschi, dei francesi e dei danesi, l’orrore degli inglesi sulle fortezze volanti che scaricano bombe.
Ma ancora non basta.
Rigadon non è solo l’orrore della storia, quella personale e d’Europa, ma della stessa letteratura, dello stesso scrivere che qui viene sventrato in una lingua fatta a brandelli, come a brandelli sono le membra sparse degli uomini bruciati, le case crollate e le coscienze degli uomini, siano essi i giusti o gli ingiusti.

non ci siamo fatti notare, io, Lili, il miao… facciamo parte… va bene! non scazzavano mica… andando avanti, vedo, non resta molto di case in piedi… più? meno che a Berlino? uguale direi, ma più caldo, più fiamme, e fiamme a vortici, come più su… più alte… più danzanti… verdi… rosa… tra i muri… avevo ancora visto delle fiamme simili… dovevano servirsi adesso di altre schifezze incendiarie… lo strano era che su ogni casa crollata, ogni monte di macerie, le fiamme verdi rosa danzavano in cerchio… e ancora in cerchio! verso il cielo!… bisogna dire queste strade in macerie verdi… rosa… fiammeggianti, si facevano di gran lunga più allegre, da vera festa che nel loro stato normale, mattoni rugosi tetri… quello che non riescono mai a essere, allegre, se non c’è il Caos, sollevamento, tremolamento della terra, una conflagrazione che ne viene fuori l’Apocalisse!

Questo è Rigodon e va dato merito al traduttore, Giuseppe Guglielmi, di un’impresa  colossale l’aver cercato di restituire la prosa polverizzata di Céline.

Se non avete mai letto Céline, allora non iniziate da questo, suggerisco io. Iniziate dal Viaggio al termine della notte.
Ma se l’avete letto e volete andare avanti, allora arrivate fino a Rigodon, perchè è qui che Céline sale sul palcoscenico e si mostra folle e meraviglioso.


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Questa voce è stata pubblicata il 2 giugno 2012 da in Autori, Céline, Louis Ferdinand, Editori, Einaudi con tag , , .

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